Finanziare la cultura: fondazioni, crowdfounding ed altro
Chiusura della prima giornata degli open Days: inizia la sessione dedicata ai metodi di finanziamento della cultura, ovvero come è possibile rendere i progetti sociali e culturali economicamente sostenibili.
Il primo messaggio arriva da Alessandro Bollo della Fondazione Fitzcarraldo, che come Pierluigi Sacco, che sembra aver disseminato molto, nella prima giornata, parla di coopetition, ovvero cooperation + competition come di una linea guida particolarmente importante, nel sostegno delle inziative culturali di un territorio.
Carlo Borgomeo di Fondazione con il Sud racconta brevemente di cosa si occupa la Fondazione, sottolinando il fatto che oggi le Fondazioni di origine bancaria hanno ruolo di valorizzazione e aumento della sostenibilità di un progetto, piuttosto che di integrale finanziamento del medesimo. Infatti, continua Borgomeo, ormai la cultura si regge su tre gambe, per continuare a vivere: finanziamenti dello Stato, come è sempre stato, ma anche dei soggetti privati e di quello che lui chiama "il collettivo", ovvero la società civile. Infatti, la valorizzazione di beni percepiti come collettivi, cioè di tutti, beni comuni, ha un effetto di rafforzamento della coesione e della identità delle comunità locali molto più intenso di quello che si immagina.
Carlo Borgomeo invita quindi tutti ad uscire dall'equivoco di cui siamo ancora vittime, e cioé che la cultura è un lusso delle società opulente, che se lo possono permettere. Non è così: la cultura è motore di sviluppo, è fonte di lavoro, è fonte di reddito. Di fronte a chi sostiene scettico che non non sia possibile, Fondazione con il Sud proclama invece a voce alta che sì, possiamo "mangiare pane e cultura", ovvero vivere di progetti sociali e culturali.
A naturale completamento di quanto finora detto, interviene Mario Caputo, esperto di Studiare Sviluppo, che ci racconta come un progetto di sviluppo della creatività regionale quale il progetto Visioni Urbane, particolarmente innovativo nelle metodologie e felice negli esiti, al punto da poter essere citata come best practice internazionale, stia considerando come suo naturale punto di approdo la costituzione di una Fondazione di Comunità, ovvero di un sistema di raccolta di risorse che parte dalle stessa comunità creativa lucana e raccoglie risorse pubbliche, private, di grandi o minuscole dimensioni, per la realizzazione di progetti di sviluppo territoriale.
Nel corso della mattinata è stato più volte nominato il crowdfounding. È il caso di capire meglio cosa è: ce lo ha spiegato Pim Betis, olandese, fondatore di SellaBand, una società specializzata appunto in questa particolare forma di finanziamento per progetti sociali o culturali. Il crowdfonding è un processo collaborativo di un gruppo di persone che, con l'aiuto del web, utilizzano il proprio denaro mettendolo in comune per sostenere gli sforzi di persone ed organizzazioni; mette in moto un processo di finanziamento dal basso che mobilita persone e risorse, e consente l'incontro di domanda e risposta di risorse. Betis lo ha utilizzato soprattutto per il finanziamento di progetti musicali, ma può essere tulizzato per qualunque progetto culturale: eliminando un soggetto finanziatore con personalità giuridica (ad es. una banca) si abbassa il livello di percezione e di tolleranza del rischio, aumentando il numero dei finanziatori. Altro elemento importante, le risorse raccolte vengono poi restituite, ma senza gravarle di alcun interesse, proprio perché sono servite per un fine comune "socialmente accettabile", un progetto sociale o culturale. per metter in campo un progetto di crowdfounding, servono esenzialmente 4 elementi: fiducia, qualità (del progetto da finanziare), comprensibilità (in modo che tutti capiscano cosa stanno finanziando), potenziale (di ritorno economico del progetto medesimo).
A chiosa dell'intervento di Pim Betis, Mario Caputo che anche nel Sud Italia conosciamo una forma molto attiva di crowdfounding, che è la festa (con annessa processione dietro la statua) del Santo patrono. L'usanza di appuntare banconote sulle vesti del Santo, in forma di offerta libera, può essere ritenuta una antica forma di crowdfounding per i progetti della parrocchia del paese, popolarmente molto sentita e condivisa.
Cristiano Re della Fondazione Eni Mattei, più pessimisticamente rispetto a Carlo Borgomeo, ci ricorda che il futuro della sponsorship di progetti culturali sarà interamente privato, o non sarà, ma senza fare più ricorso alle banche. E perché un privato non bancario sponsorizzi un progetto culturale, è importante che il disegno del progetto stesso non sia al momento zero, ovvero che la sponsorizzazione privata intervenga ad integrare organizzazioni e raccolte di fondi già partite.
Infine, a smorzare un po' gli entusiasmi, ed in parziale disaccordo con quanto finora sostenuto, Angelo Nardozza, Direttore Generale della Presidenza della Giunta della Regione Basilicata conclude la sessione (e la giornata) sostenendo che raramente, quando si mettono in piedi progetti culturali, l'ideatore pubblico o anche quello politico che li promuovono si pongono il problema della sostenibilita' economica. E del resto – continua Nardozza – il finanziamento pubblico è l'unica via possibile e più largamente praticata di sostegno di progetti culturali. Il problema è che in un periodo come quello attuale di scarsità di risorse, è neccessario operare delle selezioni: e ovviamente nella selezione sono preferiti i progetti che presentano i crismi, se non della totale, almeno della parziale sostenibilità. Ad esempio, il progetto Matera2019 potrebbe essere finanziata (anche) con un crowdfounding presso le numerose vitali comunità di lucani all'estero.