Materadio, visioni urbane nella terra dei lupi
E poi, arriva il giorno di Visioni Urbane. Permettete questo incipit altisonante a chi scrive questo post, che ha lavorato al progetto VU fin dall'inizio, e mai avrebbe creduto di vederlo celebrato a RadioTre, e da Marino Sinibaldi, dentro Farehneit. Ne parla Alberto Cottica, che (anche) sull'esperienza del progetto Visioni Urbane ha scritto "Wikicrazia", ovvero un modo nuovo di disegnare le politiche pubbliche, mobilitando l'intelligenza collettiva attraverso l'uso degli strumenti del web 2.0.
Visioni Urbane è un progetto della Regione Basilicata, che ha realizzato 5 centri per la creatività (fra questi, CasaCava, il luogho dal quale Materadio è andato in onda in questi giorni) in altrettanti immobili riattati e ristrutturati, partendo dalla mobilitazione della intelligenza collettiva della community creativa lucana. In questo modo è stato possibile progettare i contenuti, e, sulla base di questi contenuti, i contenitori: cioè, è stato possibile progettare le ristrutturazioni già sapendo cosa si sarebbe fatto in quei luoghi, e perchè. una forma di progettazione partecipata, nella quale pubblica amministrazione e community creativa, ovvero utenti, in ultima analisi, si sono messi in gioco alla pari, con regole chiare, con severa trasparenza.
Interlocutore di Alberto è Mariangela Corona, responsabile di una delle associazioni culturali che hanno partecipato al processo, che sta per concludersi con l'assegnazione, tramite bando, della gestione dei 5 centri ad altrettanti gruppi di associazioni che si occupano, a vario titolo, di cultura e creatività.
Si cambia tema, dopo la musica: si parla di petrolio, e poi di legalità e accoglienza.
Il primo tema è affrontato con Massimo Scuderi, direttore della Società Energetica Lucana. Pur essendo un tecnico – o forse proprio per quello – pur discutendo da tecnico, con numeri e dati e considerazioni di politica economica, riesce a dare un'idea precisa della importanza delle estrazioni petrolifere in Basilicata, schivando qualunque tentazione retorica e demagogica. Rischio nel quale in parte invece cascano, su due fronti contrapposti, don Marcello Cozzi dell'Associazione Libera e Enzo Cursio de La Città della Pace. Se per il primo il demonio esiste proprio perché non si vede, e così esistono in Basilicata la malavita organizzata e l'omertà e la connivenza proprio perché non si vedono, per l'altro siamo una terra di sola pace, di sola accoglienza, di soprendente mobilitazione collettiva senza steccati (cittadini ed istituzioni di ogni colore politico, per esempio) quando si tratta di combattere per una causa comune, come è stato per la marcia dei 100.000 contro la istuzione a Scanzano Jonico di un deposito di scorie nucleari. Il mio vicino di sedia mi fa notare sottovoce che "not in my backyard" è una reazione comune ovunque, e che anche in Lombardia cittadini ed istituzioni di ogni colore marciano compatti perchè non vogliono la spazzatura di Napoli nelle loro discariche.
Mentre scivolano senza scossoni le ultime interviste (Paolo Verri, direttore del comitato per Matera Capitale Europea della Cultura per il 2019, Gianpiero Perri, direttore dell'Agenzia per la Promozione del territorio, e Raffaello de Ruggieri, anima storica della cultura a Matera) mi trovo a riflettere su un concetto elaborato da don Marcello Cozzi, e cioè che lui è ben consapevole che la stragrande maggioranza della popolazione lucana è fatta di "gente che si spezza quotidianamente la schiena" in lavori faticosi e poco remunerativi. Il che è esattamente il contrario di quanto affermava solo ieri, e proprio dai microfoni di Farehneit, lo scrittore Andrea Di Consoli, che dichiarava che troppa gente non vuol più lavorare la terra, in Basilicata. Uno dei due, come direbbe Sherlock Holmes, mente.