Matera 2019, il concerto in nero di Vinicio Capossela conclude Trenodìa, corteo come forma d'arte
Il nero colore della fertilità e delle tenebre, colore del meridione, colore del lutto e del riparo. Del sotterraneo, delle grotte, del sabba. Colore dell'oscurità che genera il colore.
Un concerto che conclude il percorso di Trenodia, la lamentazione civile iniziata con la tintura di nero delle vesti a Isola di Capo Rizzuto (Crotone) e che ha attraversato Irpinia e Basilicata per concludersi a Matera 2019 Capitale Europea della Cultura con la discesa processionale alla Cava del sole. Una trenodia per uomini, terre e animali in versi, canzoni e declamazioni.
“E’ bello farsi portare – spiega Vinicio Capossela – lungo un percorso che ti permette di elaborare il tuo dolore, attraverso gesti e forme di espressione che ti riconnettono alla comunità. E così mi piacerebbe che chi partecipa al concerto di domani sera ci arrivi seguendo il corteo che dal pomeriggio all’imbrunire attraverserà Piccianello fino alla Cava del Sole”. Trenodìa è un progetto che mette assieme, per la prima volta Vinicio e la sorella Mariangela, a suo dire “il vero genio della famiglia”. Lei, artista visiva, da anni lavora sui nodi arte e partecipazione e l’interconnessione sulle diverse forme di espressione artistica. E nel suo intervento nella conferenza stampa di presentazione della tappa conclusiva del progetto ha sottolineato appunto la centralità del rapporto tra pittura, arti performative e musica nella costruzione di una manifestazione artistica in forma di corteo.
Paolo Verri, direttore generale della Fondazione Matera Basilicata 2019, nel suo intervento ha ricostruito la genesi del progetto, nato a partire dalla richiesta del ministero dei Beni culturali di sperimentare in altre Regioni del Sud il modello vincente di produzione culturale partecipata che è uno dei segni distintivi di Matera capitale europea della cultura. Verri ha raccontato con emozione la sua partecipazione al corteo di ieri a Tricarico, prima tappa lucana di Trenodìa.
Poche centinaia di metri separano a Tricarico la Torre Saracena e la Torre Normanna, porte d'ingresso nella cittadella medievale fortificata, lungo l'asse Nord Sud. Eppure ci sono volute tre ore perché il corteo in forma d'arte compisse il suo percorso, dal lamento funebre delle prefiche alla Porta Saracena al rito di rinascita nel piazzale della Torre Normanna, in perfetta circolarità.
Ben diciassette le stazioni lungo il percorso nelle stradine e negli slarghi del centro, scandite dal suono dei cupa cupa dei Cubba Cubba e degli ottoni della Banda bassa di Tolve, tra le invocazioni delle prefiche, i canti e le orazioni degli artisti (Andrea Tartaglia, Giovannangelo De Gennaro, Canteuterpe), i movimenti dei partecipanti al corteo sapientemente guidati dagli assistenti, le performance di danza. Con il pubblico che si fonde con i protagonisti nella stazione della piazza principale, scatenati al ritmo della cantilena "chi sì, che buò, si viv o si muort", e partecipa al ballo collettivo al grido liberatorio: " So vive" e "Nun moro".
No, la trenodìa diretta da Vinicio e Mariangela Capossela e coprodotta dalla Fondazione Matera Basilicata 2019, per il programma della capitale europea della cultua, non è stato un corteo funebre anche se si è concluso con il banchetto rituale con cui la comunità richiama a sé il defunto.
La città di Rocco Scotellaro e Antonio Infantino è stata attraversata da una potente manifestazione collettiva capace di trasformare la lamentela in pianto rituale, il piagnisteo in altisonante lamentazione collettiva, in forma creatrice e aggregatrice per, come dice Ernesto De Martino, potersi rialzare e tornare ai doveri della vita, liberati dall'oppressione del dolore grazie a questo pianto per la comunità. Un pianto rituale collettivo, sonoro, rigenerante.
Tricarico, il centro che ha dato materia e sostanza alla ricerca etnografica e antropologica di Ernesto De Martino, è stato così la prima tappa lucana del progetto che è partito da Isola Capo Rizzuto, ha attraversato i paesi dell'Alta Irpinia, a far perno da Calitri per concludersi domani a Matera con una Trenodia sul selciato e il “Concerto in nero” di Vinicio Capossela (ore 21 alla Cava del Sole, ingresso con passaporto e prenotazione e servizio navetta da piazza Matteotti e Villa Longo).
Particolarmente intense e commosse le tappe sotto le case di Antonio Infantino (al ritmo dei cupa cupa di Agostino “Trance”, suo antico sodale) e di Rocco Scotellaro (con Mariangela che ci ricorda un’antica lezione: non tutto si sa da coloro che sanno e la poesia dei gatti letta da Sofia). Per finire in bellezza e purezza con l’orazione civile di Vinicio Capossela che, dall’alto della Torre Normanna, ricorda il genio di Antonio Infantino, un artista dalla profonda spiritualità universale taumaturgica che nella musica ha trovato, dentro un lungo percorso che affonda le radici nella sapienza pitagorica e nella ritualità orfica, un linguaggio universale per la salvezza degli uomini