Esperienze di siti Unesco a confronto nel convegno organizzato a Matera
Avviati scambi tra la Provincia autonoma di Trento e la Città di Matera, Capitale Europea della Cultura 2019
Le esperienze di alcuni territori con riconoscimento UNESCO sono state al centro del convegno svoltosi ieri a Palazzo Lanfranchi a Matera dal titolo “Natura, Cultura, Educazione e Cambiamento: narrazioni di storie e idee di futuro di territori Patrimonio dell’Umanità” organizzato dalla Provincia autonoma di Trento tramite la tsm-Trentino School of Management e in partnership con il Comune di Matera, la Fondazione Matera Basilicata 2019 e l’Associazione Italiana Formatori. La giornata ha costituito la prima edizione di un Convegno che intende rinforzare l’asse di scambio di studio, formazione, cultura, politiche e orientamenti manageriali tra la Provincia autonoma di Trento e la Città di Matera, Capitale Europea della Cultura 2019.
A dare il benvenuto ai partecipanti sono stati Gabriella De Fino, Responsabile Area UNESCO tsm-Trentino School of Management e Giuseppe Romaniello, Manager Amministrativo e Finanziario della Fondazione Matera Basilicata 2019, seguiti dai saluti dell’Assessore ai Sassi del Comune di Matera, Paola D’Antonio, del Segretario Generale della Fondazione Matera Basilicata 2019, Giovanni Oliva, e del funzionario del Polo Museale della Basilicata, Michele Saponaro.
L’Assessore D’Antonio, docente presso l’Università degli Studi della Basilicata, ha aperto i lavori con una relazione sull’evoluzione storica della città di Matera, dall’attivazione della coscienza degli intellettuali con il “Cristo si è fermato ad Eboli” di Carlo Levi, alla legge sullo sfollamento e risanamento dei Sassi; dall’impegno di grandi architetti per la costruzione dei nuovi quartieri della città, alla riscoperta di questo paesaggio come set cinematografico da parte di grandi registi; dal riconoscimento di patrimonio Unesco nel 1993 al titolo di Capitale Europea della Cultura 2019. Un focus è stato dedicato anche alle sfide del contemporaneo quali le nuove opportunità di sviluppo connesse alla rete del 5G; il Piano di gestione del patrimonio UNESCO di prossima pubblicazione - in cui buona parte degli investimenti è dirottata proprio su cultura e natura -; l’impegno dell’Università della Basilicata con l’istituzione del Corso di Laurea in Paesaggio, Ambiente e verde urbano; il presidio di legalità che sarà istituito nel centro dei Sassi grazie alla valorizzazione di un bene confiscato a un mafioso negli anni bui della storia della città.
Mauro Gilmozzi, Assessore alle Infrastrutture e all’Ambiente della Provincia autonoma di Trento, ha illustrato le modalità operative della Fondazione Dolomiti Unesco, costituita da un network fra tre diverse regioni che coordinano e cofinanziano progetti, divisi per tematiche di azioni, attraverso una visione unitaria che evita sovrapposizioni. Alla base delle azioni messe in campo c’è la grande importanza attribuita alla pianificazione urbanistica che, mettendo l’uomo al centro del paesaggio, mira a creare le migliori condizioni di vita per incentivare ad abitare questi luoghi, dotati di una straordinaria bellezza, e garantire la partecipazione della comunità alle scelte strategiche per il territorio.
A chiudere la prima sessione dei lavori sono state le suggestioni del prof. Marco Aime dell’Università degli Studi di Genova che ha parlato di cultura come “seconda natura” dell’essere umano, per sottolineare il binomio imprescindibile fra paesaggio ed elemento culturale.
La seconda sessione ha visto l’alternarsi di due workshop in cui sono state messe a confronto esperienze differenti di siti che già hanno ricevuto il riconoscimento Unesco e siti che stanno lavorando per conseguirlo. Giuliana Cristoforetti, Dirigente della Provincia autonoma di Trento, ha illustrato la candidatura avanzata nel 2016 attraverso un’azione coordinata fra due territori al confine (il Trentino e il Veneto) per il Monte Baldo, per il quale gli elementi di universalità, insostituibilità e unicità richiesti dall’Unesco sono stati individuati nella straordinaria ricchezza floristica, l’importanza storico-botanica e la biodiversità in un unicum storico.
Angela Colonna, docente dell’Università degli Studi della Basilicata, ha invece spiegato gli obiettivi della Cattedra Unesco istituita lo scorso anno presso l’Ateneo lucano, dal titolo “Paesaggi culturali del Mediterraneo e le Comunità dei saperi” che, attraverso attività formative svolte con gli studenti e la partnership di enti e istituzioni, vuole sensibilizzare la comunità alla conoscenza più consapevole del paesaggio, in una continua dialettica fra specificità locale e risposte ai problemi globali.
Roberto Cerrato ha portato la sua testimonianza in qualità di Direttore dell’Associazione per i Patrimonio dei paesaggi vitivinicoli di Langhe- Roero e Monferrato, alla quale sono iscritti 101 comuni di tre province piemontesi uniti dalla tradizione del vino che ha dato vita un paesaggio culturale in cui natura, storia e opera dell’uomo si intrecciano, offrendo opportunità di sviluppo connesse sia alla filiera del vino, con alcuni dei maggiori brand nazionali, sia a quella turistica.
Dal patrimonio rurale si è passati a quello montano, con l’esperienza di Gaetano Lofrano dell’Associazione ArtePollino che opera in uno dei quattro parchi della Basilicata, il Parco Nazionale del Pollino, in cui ricadono 24 comuni lucani periferici dalle piccole e piccolissime dimensioni, con scarso accesso alla cultura, ma inseriti in un ambiente naturalistico di grandissimo pregio. L’obiettivo che ArtePollino si pone in tali comunità è quello di creare opportunità di crescita e scambio, attraverso residenze artistiche e laboratori con la comunità, sia per i turisti che per gli abitanti del territorio.
Gabriella De Fino ha parlato della centralità della formazione per lo sviluppo sociale, economico e turistico dei territori e dei percorsi didattici in tal senso promossi dalla Trentino School of Management, il cui approccio pionieristico è incentrato sulla multidisciplinarietà, il dialogo fra realtà diverse e i progetti innovativi.
A chiudere i lavori è stato Giuseppe Romaniello, con una riflessione su come la cultura costruisca l’identità di un territorio, dando valore aggiunto ad un paesaggio che altrimenti potrebbe essere semplicemente una bella cartolina, e sull’importanza di lavorare alla costruzione di un’identità solida e di un sapere che difende il paesaggio, affinchè le persone siano invogliate a vivere in un certo luogo. Con questo spirito Matera sta affrontando la sfida della Capitale Europea della Cultura 2019.