Che vuol dire essere ECOC, esperienze a confronto
Ancora Open Days. Il primo pomeriggio di giovedì 24 è stato dedicato allo scambio di esperienze sullo specifico tema della candidatura di Matera 2019: capire che vuol dire essere European Capital of Culture (ECOC), mediante il confronto con città che hanno già fatto questa esperienza o stanno per farla.
Per chi scrive, la frase più illuminante la pronuncia Suvi Innilä, la deliziosa direttrice di Turku (Finlandia) 2011: "Il titolo di Capitale Europea della Cultura viene dato non per quello che la città è, ma per quello che vuole diventare". A Turku il titolo ha dato molte cose: ha reso la città più bella, più pulita, più fiorita. Ha dato consapevolezza di sé: grazie ad un accorto sistema di comunicazione capillare, oggi il 100% degli abitanti di Turku ed il 96% dei finlandesi sa cosa significa "capitale europea della cultura". Riprendendo il filo del discorso di Pierluigi Sacco della mattina, la Innilä conferma che la cultura ha a che fare con il welfare, con il benessere collettivo, con lo stato generale di salute e ottimismo: a Turku i medici hanno prescritto biglietti per mostre e per gli eventi di Turku 2011, al posto dei medicinali!
Sulla stessa linea anche Tom Fleming, direttore di Guimaraes (Portogallo) 2012: ECOC è una sfida interessante soprattutto per le città più piccole. Perché anima ogni luogo della città, non lascia nessun posto, nessuna via, nessuna piazza, nessun angolo vuoto o privo di significato. Rivitalizzare la sfera pubblica è anche per Franco Bianchini, membro del Comitato Matera 2019, un obiettivo prioritario. Che nel caso di Matera significa anche recuperare l'immenso patrimonio culturale e partecipativo delle molte comunità di lucani all'estero; recuperare la dimensione ludica della città, rendendo l'appuntamento con il 2019 una festa collettiva. Privilegiare i progetti interculturali, molto più di quelli meramente internazionali.
Mattijs Maussen, direttore di San Sebastian (Spagna), fresca di nomina ECOC per il 2016, ci invita infine a non sottovalutare l'importanza della esperienza accumulata anche se si perde, se non si diventa ECOC. Riprendendo ancora una volta Pierluigi Sacco, anche Maussen ritiene che sia fondamentale essere "ottimi perdenti", mettere in piedi progetti e relazioni che consentano di cambiare il volto della città anche in assenza di titolo. Fare della candidatura una occasione di cambiamento, qualunque sia l'esito. Decisivo anche per lui l'approccio bottom up: non c'è nessun direttore né alcun uomo politico che conosca la città candidata meglio dei suoi cittadini. Occore coinvolgere la citta, ponendo domande ed ascoltando le risposte.